Dopo le parole in diretta televisiva ad Agorà Raitre del Ministro per la Transizione ecologica, si registra un polverone. Ecco il duro attacco della sigla sindacale Usb.
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Alcuni giorni fa, con parole che ci hanno molto sorpreso, il Ministro Cingolani ha lanciato un messaggio volutamente fuorviante all’opinione pubblica, facendo intendere che il rilancio della produzione a carbone sia solo una possibilità a fronte di uno stop delle forniture russe di gas. Forse il Ministro è preoccupato della sua immagine “verde” ma la realtà è oggettivamente assai diversa, perché le centrali di Brindisi e Civitavecchia stanno producendo al loro massimo già da qualche mese – ossia da prima della crisi Ucraina – e se non raggiungono i precedenti livelli di generazione è solo per problemi tecnici e di approvvigionamento.
In particolare, da inizio anno Torrevaldaliga Nord viaggia a una media di 3/4 navi carboniere al mese – altro che scarto ridotto – e sicuramente avrebbe prodotto assai di più senza avarie e limiti impiantistici dovuti a insufficienti investimenti.
Ora, pur comprendendo le ragioni che nella situazione attuale spingono a un temporaneo (?) rilancio del carbone, vogliamo sottolineare due aspetti.
Primo, la centrale sta funzionando in una situazione di stress operativo insostenibile: il personale Enel è ridotto della metà rispetto a quello di pochi anni fa, i lavoratori in appalto – nonostante l’esternalizzazione spinta – sono ugualmente diminuiti e le stesse imprese con il calo delle attività hanno finito per indebolirsi. E’ infatti già da alcuni anni che, sicura di realizzare il nuovo impianto a gas, Enel ha iniziato a tagliare personale e appalti, incidendo negativamente su un’organizzazione del lavoro che non può reggere all’attuale aumento della produzione. Specie con riguardo alla sicurezza. Crediamo che Torrevaldaliga nord stia macinando lauti profitti: Enel investa quindi adeguatamente per le manutenzioni e soprattutto incrementi gli occupati, sia diretti che delle imprese appaltatrici, portandoli ad un livello consono al regime di funzionamento degli impianti.
Secondo, l’attuale ripresa della produzione non può cancellare dall’agenda i temi del fine carbone e di uno sviluppo sostenibile, che città e Regione Lazio vogliono fondato sulle rinnovabili. E soprattutto non può condurre Enel a trascurare le richieste di una popolazione, che, ancora una volta, si sta caricando sulle spalle il peso ambientale di esigenze nazionali. In tal senso, chiediamo che l’azienda elettrica faccia a Civitavecchia quello che ad esempio sta per fare a Catania, dove grazie ai fondi europei trasformerà in Gigafactory la fabbrica di pannelli fotovoltaici solari 3SUN – di cui è comproprietaria – aumentandone la produzione di ben 15 volte e creando così 1.000 nuovi posti di lavoro diretti. E probabilmente altrettanti nell’indotto.
Possibile che si finisca sempre per essere tagliati fuori da simili scelte? E pensare che secondo la Convenzione quadro del 2008 – disattesa a ogni livello – in questo territorio si sarebbe dovuto realizzare un Centro di “eccellenza” (sic!) per le energie alternative: una delle tante occasioni perse, che oggi ci avrebbe permesso di agganciare il treno delle rinnovabili. E invece dobbiamo restare a guardare: l’inquinamento a Civitavecchia, il lavoro altrove!
Sarebbe bene che le istituzioni intervenissero con urgenza e decisione su questi temi: riteniamo che il Comune, la Regione Lazio e gli stessi parlamentari locali abbiano tutte le possibilità per fare pressione sul Governo circa le scelte di un’azienda come Enel, quotata in borsa ma partecipato dallo Stato, che nel momento in cui decide di lanciarsi sulla produzione di pannelli fotovoltaici dovrebbe tenere in conto anche questa città e la sua gente, per ciò che ha dato e continua a dare.
Non fosse altro che per un minimo di rispetto”, conclude l’Usb di Civitavecchia.